Millennials: la generazione Y fra sharing economy, sogni e aspettative future

Millennials sono i ragazzi nati fra il 1982 ed il 2004 che soltanto in Italia raggiungono quota 12 milioni e mezzo, in Europa 160 ed altrettanti milioni negli USA.
Generazione cresciuta in scenari di crisi cronica, disoccupazione, debito pubblico e minacce mediorientali, in un perenne clima d’incertezza propinatoci come messaggio istituzionale dai sempiterni media.
Ma non accennano a demordere, anzi: le statistiche rilevate da OCSE raffigurano la “Generazione Y” come una potenza duttile, versatile e dinamica, che cambierà radicalmente i modelli di consumo, specie del settore agroalimentare e della mobilità, nei prossimi anni. Ma molto di questo sta già accadendo.

A dimostrarlo è innanzitutto l’esplosione della sharing economy, l’approccio all’oggetto materiale non più inteso come possesso ma all’insegna della condivisione. Tra i neo 18enni americani, ad esempio, soltanto il 15% di loro inserisce fra le priorità l’acquisto di un’auto o della tv, che tradotto in altri termini significherà la riduzione nel breve periodo del 60% del parco auto americano.
Il dilagare di piattaforme web come Netflix e Spotify, l’aumento tendenziale dell’uso dei trasporti pubblici e la crescita del numero di viaggi del 50% entro il 2020, sempre secondo le proiezioni OCSE, sono la risposta concreta ad uno scenario globale che non regala più sicurezza, ad una vita non più incardinata dentro i paletti del posto fisso e dell’allegra famigliola nella villetta a schiera in campagna, che è costretta a mutare per non sopperire alla vacuità del futuro.

La forza dei Millennials si rispecchia anche nel fenomeno start-up degli ultimi anni, specie in Italia, sinonimo di quanto la creatività dirompente della Generazione Y si ingegni e studi soluzioni non solo per garantirsi una vita agiata, ma rappresenti anche un concreto ingranaggio trainante l’economia dei prossimi anni, sempre più orientata verso l’erogazione di beni e servizi immateriali, digitali, che non a quella classico-produttiva comunemente intesa.

E sul piano dei rapporti sociali? I social media come Facebook o Instagram non appaiono in questo senso come delle “palestre di libertà”, ossia come un luogo dove poter esternare le proprie debolezze e fragilità, anzi: il popolo della rete ti vuole sempre felice e sorridente, in un contesto stucchevole dove prima di tutto conta l’apparire e l’immagine positiva che riesci a dare di te, prescindendo dalle tue debolezze personali. Soltanto volti da cartolina. E se da un certo punto di vista, il ritratto dei Millennials dipinto da questi dati rispecchiano una moltitudine di persone in continuo contatto fra di loro, ciò che personalmente osservo tutti i giorni nel mio soggettivo e assolutamente discutibile contesto universitario, è quello di tanti – ma non tutti- ragazzi/e soli/e, appiccicati agli schermi dei propri smartphone per non guardarsi dentro, che rifuggono da un sorriso fra sconosciuti e che, anziché espandere i propri orizzonti, tendono a stagnare nelle solite, croniche routinistiche abitudini di sempre.

Io non ho una ricetta per cambiare le cose e non ho neppure la panacea ai carcinomi di questo albero della società che, con mia piacevole sorpresa, non cessa di far sbocciare qui e là bocche di leone di volontà di potenza, furie indomite che non scappano dal futuro ma lo azzannano. Ne conosco, uno di loro. Penso soltanto che, guardandomi dentro, bisognerebbe rifiutarsi di portare avanti il modello individualista, ricordandoci che, nonostante tutte le differenze, siamo tutti sotto lo stesso cielo e ai massimi sistemi condividiamo un solo destino come specie umana. Da Millennial ventenne quale sono, penso che dovremmo riscoprire il valore dell’aiutarsi l’uno con l’altro e prenderci cura oltre che, innanzitutto, di noi stessi, del nostro vicino che può venire sicuramente arricchito dalle nostre esperienze e noi, altrettanto, dalle sue.

Millennials, base dell’imminente società del domani, prendiamo coscienza delle nostre potenzialità e del mondo che siamo tenuti a preservare e conservare per chi verrà dopo.
Io confido che, l’elitè del potere, non avrà vita lunga davanti alla nostra passione di affrontare la vita con buonsenso e caparbietà; questo perché, nonostante lo scenario in cui vivo, sono un inguaribile ottimista.

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