#TorverMovies: la necessità del “remake”

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Vagando sui social network, soprattutto negli ultimi tempi, spesso ci si imbatte in termini quali “remake”, “reboot” o “revival”. Pur con le dovute differenze di significato, si fondano su un medesimo concetto: il riproporre contenuti o format di gran successo nel passato.

Un focus

Con “remake” si intende la ripresa di uno sceneggiato cambiandone alcuni attributi, quali i personaggi o l’ambientazione. È “reboot”, invece, ciò che basandosi su un film o una serie tv, li riespone in chiave differente. Una menzione speciale merita il “revival” in quanto agitatore delle emozioni più recondite dei vari “binge-watcher”: è il “ritorno” di un’amata serie tv.

Il fenomeno

La frequenza con cui tali prodotti ci vengono propinati si è amplificata a macchia d’olio, complice soprattutto il ruolo del social network: divenuto ormai il nuovo “foro”, esso si fa sempre più portatore della voce dei fans, dei fruitori. Come con un jukebox, infatti, l’entusiasmo diviene la moneta che attiva la macchina, ed è subito lucro. Indubbio è il ruolo del marketing quale burattinaio: si pensi  ad “Una mamma per amica – Di nuovo insieme”, revival della celeberrima serie tv, la cui uscita fu accompagnata dalla corsa frenetica al merchandising. Il fatto che poi molti di essi vengano resi disponibili su piattaforme di streaming come Netflix contribuisce a fomentare ulteriormente l’incredibile circolo di denaro. Tra l’altro, è importante menzionare come il fenomeno si stia estendendo anche all’ambito dei video games ( il celeberrimo “Crash Bandicoot: N. Sane Trilogy” ne è un esempio).

Tutto ciò è necessario?

Dunque, ci si chiede il motivo e la necessità di questo “riciclaggio” di contenuti audiovisivi. Da “Portobello” a ” Il Re Leone” a fare da fil rouge è il motivo dell’amarcord, la rievocazione nostalgica di sentimenti che ci rimanda a momenti più felici. Ciò, tuttavia, manifesta anche la smaccata incompatibilità emotiva della “persona” con il mondo che cambia: meglio restare nel nido che confrontarsi con il diverso.

Di certo è piacevole che format di successo ritornino sugli schermi, non solo sopperendo alle esigenze sentimentali di chi ormai mal si adatta al flusso frenetico dei ritmi odierni (soprattutto gli anziani), anzi proponendo un intrattenimento godibile per tutti.

Ma il portato del prodotto “ripescato”, magari persino migliore dell’originale e in alta definizione, può soppiantarne il portato emozionale? È davvero così sano crogiolarsi nella “minestra riscaldata” correndo il rischio di scadere nel banale e alterare il valore del ricordo?

 

 

 

 

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