Il debutto dei future sui bitcoin: quali conseguenze?

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La sera del 12 dicembre, al Chicago Board Options Exchange (Cboe), è avvenuto il debutto del future sul bitcoin. Il fatto che una delle principali piattaforme di scambio di derivati lanci un prodotto apposito che segue le fluttuazioni dei prezzi della più nota e trattata criptovaluta, rappresenta un po’ l’entrata sulla scena della finanza di «Serie A» su uno strumento che finora si è già guadagnato le prime pagine dei giornali, ma che al tempo stesso continua a essere considerato con sufficienza (se non addirittura con sospetto) dai grandi investitori.

Sull’argomento si schierano gli ottimisti per i quali la svolta potrà favorire l’afflusso della liquidità verso il bitcoin (e magari anche un minimo di stabilizzazione e omogeneità nelle quotazioni che mostrano anche differenze clamorose fra le varie piattaforme) e i pessimisti, i quali temono invece che i future possano offrire il destro a quanti intendano prendere posizioni ribassiste e anche che l’ingresso nel Gotha della finanza richieda come contropartita una maggiore attenzione da parte delle autorità regolamentari alle quali finora il fenomeno è sostanzialmente sfuggito.

Gli esperti tendono infatti a raffreddare le attese per l’evento accaduto e preannunciano un periodo di rodaggio: «Non ci sarà una rincorsa immediata», secondo Ari Paul, responsabile degli investimenti di Blocktower Capital Advisor, che si aspetta comunque «attività di arbitraggio fra i future e il bitcoin stesso da parte dei trader professionisti e un graduale flusso di acquisti da parte di coloro che intendono prendere posizione passiva sulle criptovalute».

Occorre però ristabilire certe proporzioni che sembrano essere sfuggite di mano di recente quando si parla di Bitcoin. Presa nel complesso, la capitalizzazione del bitcoin si aggirava questa settimana sui 240 miliardi di dollari, ben poco in confronto agli 8mila miliardi dell’oro o addirittura al valore di una Apple (870 miliardi). «Se il suo prezzo si azzerasse improvvisamente, le perdite conseguenti sarebbero equivalenti a una seduta in ribasso dello 0,6% di Wall Street», avverte Andrew Kenningham, capoeconomista di Capital Economics, riconducendo quindi alla dovuta dimensione un fenomeno che, almeno dal punto di vista mediatico, ha avuto un risalto decisamente ben più ampio.

In sostanza la vicenda del bitcoin (e l’eventuale scoppio di una bolla che molti temono) è ancora ben lontana da rappresentare un temibile rischio sistemico.

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