Perché il trading online non vi farà diventare ricchi (pt.2)

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IL COME, IL COSA, IL DOVE, IL QUANTO E IL PERCHÉ DEL TRADING ONLINE

Queste 5 domande dovrebbero aiutarvi a capire almeno da dove iniziare e mettervi in condizione di non essere tra tutti gli esempi negativi mostrati prima.

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Partirei dal PERCHÉ, credo il più facile da intuire. La motivazione che può spingere ognuno di noi a intraprendere questa attività può essere diversa. Qualunque esso sia, il fine rimane uno solo per tutti, cioè aumentare la propria ricchezza, cosa, come ampiamente spiegato, non facile da raggiungere. Ciò detto sconsiglierei a chiunque, soprattutto a chi si ritrova senza un lavoro o altro reddito e solitamente con un capitale ridotto, di puntare al trading online come mezzo per risollevare la propria condizione. La mancanza di una garanzia, per quanto riguarda i risultati e il rendimento del proprio capitale, è un rischio troppo grande da correre.

E infatti è COME approcciare i mercati che ci chiarisce meglio questo aspetto in quanto è ormai chiaro che la classica idea del giocare in borsa non può reggere.

È necessario un cambio di mentalità, passando dal giocare in borsa, con un approccio sostanzialmente da scommettitore, a pensare tutto questo come una attività imprenditoriale. È infatti abbastanza intuibile che a fronte di costi (banalmente la bolletta della corrente elettrica e della linea internet) non ci siano ricavi certi, come in una qualunque attività produttiva, negozio o ristorante.

Una volta che è ben fissato in mente il concetto che non esistono garanzie, il QUANTO verrà da sé.

Rischiereste tutti i vostri soldi senza avere garanzie di rivederli a fine investimento? Un imprenditore metterebbe tutto il proprio capitale in una impresa rischiosa, in cui le statistiche dicono che nel 70% dei casi altri come lui perdono e hanno perso soldi in passato?

È quindi impensabile rischiare tutto il proprio capitale solo nella parte più rischiosa del portafoglio dedicata al trading online. Rischiare davvero sul mercato di perdere solo quanto ci si può realmente permettere di perdere è probabilmente il segreto per sopravvivere nel lungo periodo. La parte più consistente dei propri risparmi non dovrebbe essere messa assolutamente a rischio.

Partendo quindi accantonando una parte dei propri risparmi per sopravvivere in caso di necessità improvvise (e quale esempio migliore di una pandemia che riduce un ipotetico reddito in entrata a zero e con la contestuale impossibilità di liquidare i propri investimenti se non in forte perdita?), dividendo il resto a grandi linee in rapporto 60-20-20, 60% in investimenti poco rischiosi, 20% in liquidità per poter magari sfruttare nuove possibilità future di investimento e opportunità sul mercato, il restante 20% per fare i Gordon Gekko (celebre personaggio speculatore nel film “Wall Street” del 1987) del momento, comprando azioni o altri strumenti finanziari di cui parleremo in seguito.

Per quanto riguarda come gestire quel 60% non esiste soluzione migliore di altre: sconsiglierei in maniera più assoluta il fai-da-te (essendo una parte consistente del proprio patrimonio e una serie di errori può costare molto cara) ma non prenderei per oro colato eventuali consigli di investimento forniti dalla propria banca. Il rischio è di ritrovarsi in portafoglio fondi con commissioni molto onerose e che non battono il mercato. Per spiegarmi meglio: pagherete parecchio chi investe per conto vostro ma ottenendo performance inferiori al semplice avere in portafoglio strumenti come ETF, cioè fondi passivi dal basso costo, che seguono semplicemente l’andamento del mercato. Quindi consiglierei a chi è già consapevole di cosa fa sui mercati di seguire modelli di portafoglio tipo All Weather Portfolio di Ray Dalio (fondatore dell’hedge fund Bridgewater, uno dei più grandi al mondo) o il Permanent Portfolio, sostanzialmente creando un portafoglio diviso in varie quote di indici azionari, obbligazioni, materie prime e oro. Insomma, un portafoglio il più possibile diversificato per cercare di resistere al meglio e senza troppi danni alle fasi più turbolente dei mercati.

Per chi invece non ha esperienza e già dopo queste indicazioni, seppur sommarie e a grandi linee, ha già le idee confuse, il consiglio è di cercare la figura di un consulente finanziario indipendente che saprà consigliare al meglio.

Quello a cui però tengo che sia chiaro, è che seguendo questo approccio, rischierete di azzerare solo il 20% del proprio capitale, cosa comunque dolorosa, ma che vi permetterebbe comunque di sopravvivere, finanziariamente e non, a un evento così negativo.

Capito il QUANTO rischiare, l’ultima domanda fondamentale è il COSA che è strettamente legata al DOVE. Partirei dal DOVE, che solitamente è una domanda abbastanza gettonata. Infatti, per esempio, ho amici e conoscenti, che sapendo del mio interesse per questo mondo, mi chiedono se un determinato broker sconosciuto di cui hanno sentito parlare o visto tramite qualche pubblicità possa essere sicuro e affidabile per investirci. Non potendo esprimere giudizi pubblicamente su questo o quell’altro, mi limito a fornire alcune linee guida sulla scelta di un buon broker per il trading online.

Se sei residente in Italia (come immagino), ogni anno devi effettuare la dichiarazione dei redditi e di eventuali profitti o perdite derivanti dall’attività di trading, oltre che dichiarare al fisco l’eventuale conto di trading stesso se presso un broker estero. Per ovviare a tutta questa parte burocratica si può scegliere un conto in regime amministrato, solitamente fornito dai principali intermediari italiani e europei. Per tutti gli altri, che utilizzano quindi l’altra forma, ossia il regime dichiarativo, essi sono tenuti ad assolvere a questo obbligo, pena sanzioni. Anche se effettivamente più sconveniente per quanto riguarda la crescita del capitale, soprattutto agli inizi, per un neofita, il regime amministrato può semplificare la vita. Tenuta presente questa questione,  la scelta del broker deve essere svolta in funzione del tipo di strumenti su cui si vorrà fare trading. Senza scendere nel dettaglio strumento per strumento, le due macrocategorie sono divise in strumenti su mercato regolamentato e strumenti su mercato OTC, solitamente dedicato a chi ha meno capitale come visto in precedenza.

Per quanto riguarda i mercati regolamentati non esistono differenze molto grandi tra i principali broker; una ricerca online sulla stabilità dell’intermediario, l’individuazione delle recensioni e un confronto dei costi di commissione portano senza problemi e con pochi rischi a trovare il più adatto per quello che si vuole fare.

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Anche se io personalmente non utilizzo strumenti Over The Counter (OTC) come per esempio CFD (contratti per differenza), cioè strumenti che permettono anche a chi ha pochi capitali di comprare e vendere strumenti finanziari prendendo esposizione tramite importi molto piccoli, ho alcuni consigli su come scegliere un broker CFD quantomeno affidabile:

1) oltre a seguire i consigli dati per i broker dei mercati regolamentati, comunque validi anche in questo caso, cercherei un broker con sede europea, evitando se possibili strane località o isole esotiche, per essere quanto più possibile tutelati dal diritto ed evitare di incappare in truffe, rischiando di non riuscire a riavere indietro il proprio capitale. Il consiglio è di controllare sempre sul sito Consob se quel determinato broker è abilitato a operare e raccogliere clienti in Italia.
2) non porrei tutta la mia attenzione sulla leva disponibile (in quanto un uso sconsiderato e inconsapevole porta nella maggioranza dei casi a “bruciare il conto”) e nemmeno a cercare un basso spread BID-ASK, cioè quanto pagato dal trader all’apertura e chiusura di una posizione. Spesso spread bassi e leve alte sono soltanto uno specchietto per le allodole.

3) Ricordarsi in ogni caso che nel caso di strumenti OTC, la controparte non sono altri traders ma il broker stesso, che assume una posizione opposta a quella del proprio cliente. Quindi quando il 75% dei traders perde, potete farvi una idea di chi incassa quella perdita come un profitto. Di conseguenza il confine del conflitto di interessi è davvero molto sottile in questi casi, anche se molti non riescono a rendersene conto.

Individuato quindi anche il broker che ci permetterà di entrare nel mercato, non resta che trovare la giusta strategia sul mercato che si è scelto di approcciare.

Esistono infatti da mercato a mercato e da strumento a strumento degli EDGE, ossia dei vantaggi statistici che permettono sul lungo periodo di essere profittevoli. Non sono l’unico modo ovviamente, ma sono sicuramente una buona base per non avere le stesse probabilità di guadagnare nel lungo periodo che si avrebbero con il lancio di una moneta.

I principali e più conosciuti sono per esempio l’incasso del valore temporale di una opzione tramite la vendita della stessa. Attenzione, quando si parla di opzioni si intendono solo quelle sul mercato regolamentato, non certamente le opzioni binarie che sono paragonabili a una scommessa con una elevata probabilità di perdita nel lungo periodo.

Altri mercati interessanti sono quelli delle materie prime, di cui è possibile sfruttare le stagionalità e la possibilità di incassarne il costo di stoccaggio. Su altri mercati più tradizionali come quello dei future sugli indici azionari è invece possibile sfruttare i bias e la natura stessa del mercato.

Tuttavia, questo non è l’unico metodo profittevole di approcciare i mercati: c’è per esempio il metodo di Warren Buffett, famoso investitore e tra le persone più ricche al mondo, che segue come approccio la ricerca e l’acquisto di azioni sottovalutate che possono garantirgli futuri profitti nel lungo periodo.

Se siete interessati ad applicarvi e i dati mostrati non vi hanno scoraggiato, nei prossimi articoli spiegherò meglio il funzionamento dei mercati e degli strumenti che avrete a vostra disposizione.

Articolo di Davide Serafini

Studente di Economia e Finanza all’università di Modena e Reggio Emilia. Trader part time in opzioni con interesse per il trading quantitativo e sistematico
https://www.facebook.com/davideserafini95

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