Dimissioni Ministro Guidi, l’inchiesta petrolio e il conflitto d’interessi

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Con le dimissioni di Federica Guidi rassegnate il 31 Marzo scorso, salgono a quattro i ministri dell’esecutivo Renzi che fino ad oggi hanno deciso di abbandonare la direzione dei rispettivi ministeri.

La causa di questa scelta da parte dell’ex responsabile del MISE consiste in “una telefonata inopportuna” fra la prima ed il suo compagno Gianluca Gemelli, titolare di due aziende del settore ingegneristico, nell’ambito di un’inchiesta sulla gestione delle attività di estrazione nel territorio Lucano dove, per l’appunto, l’imprenditore risulta indagato per corruzione e millantato credito.

Tutto parte da un emendamento presentato dal Governo a Montecitorio nell’Ottobre 2014, ritirato, riproposto nuovamente ed approvato nel Dicembre seguente in un maxi emendamento nella Legge di Stabilità 2015. Il provvedimento in questione delinea di fatto una “procedura ad autorizzazione unica” dove, per la creazione di infrastrutture necessarie allo sfruttamento delle concessioni petrolifere, diventa sufficiente soltanto l’autorizzazione del Ministero dello Sviluppo Economico e non più necessario un più lungo e complesso iter burocratico.

Dell’introduzione del suddetto articolo nella Legge di Stabilità ne sarebbe stato quindi informato con netto anticipo Gemelli dalla sua convivente, il quale avrebbe avuto modo di intessere rapporti d’interesse con esponenti della compagnia energetica Total relativi all’affidamento di appalti relativi al giacimento “Tempa Rossa”.
D’altronde, l’adozione di questo emendamento si era resa necessaria proprio per permettere di sbloccare i lavori nel suddetto sito, i quali risultavano bloccati dalla Regione Puglia, dal Comune di Taranto e diversi movimenti ambientalisti a causa dell’impatto ambientale che questo avrebbe causato.

E’ emersa quindi una situazione che ha fatto prontamente ruggire l’opposizione ed in particolare il Movimento 5 Stelle, il quale ha annunciato che presenterà nei prossimi giorni in Senato una mozione di sfiducia al Governo in solitaria, rifiutando pertanto l’appoggio della Lega che aveva proposto di scrivere il testo della mozione insieme.
In ogni caso, ancora non sembra essersi definita una linea comune d’azione fra i partiti per agire contro l’esecutivo, mentre il leader di quest’ultimo, Matteo Renzi, sembra mostrarsi piuttosto tranquillo contro quella che definirebbe poco più che una bagarre volta a sfiduciare un governo di fatti piuttosto che di parole.

In ogni caso, nei prossimi giorni i PM di Potenza giungeranno a Roma per interrogare, oltre alla dimissionaria Guidi, anche il Ministro delle Riforme Costituzionali e dei Rapporti con il Parlamento Maria Elena Boschi, la quale ha autorizzato l’inserimento dell’emendamento in questione nella Legge di Stabilità.

Comunque, sembra proprio che nonostante le aspettative di un clima diverso nelle stanze dei bottoni, l’aria che si respira a Roma odori ancora di uno stantio, decandente ma duro a morire lezzo di Prima Repubblica.

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