La Fed ha alzato i tassi: perchè la manovra cambierà ben poco

Dopo ben sette anni di costo del denaro a 0 la Fed, al termine di un vertice, ha deciso all’unanimità di alzare i tassi di un quarto di punto a 0,25-0,50. Jenet Yellen, Presidente della banca centrale americana, ha compiuto un passo importante (l’ultimo rialzo dei tassi risale al Giugno del 2006) all’insegna dei risultati positivi messi a segno dall’economia statunitense negli ultimi anni. La manovra segna la fine di una strategia assolutamente poco convenzionale di tutti questi anni, nei quali la Fed ha inondato di liquidità il mercato con tutta una serie di QE e ha sempre tenuto il costo del denaro a 0.

L’obbiettivo americano è quello di un graduale ritorno alla normalità dei mercati e delle politiche monetarie, garantito da una ormai ufficiale uscita dalla recessione e una ripresa, almeno negli USA, consolidata (PIL al +2,4% nel 2015). Non possiamo infatti stupirci davanti a questa notizia: il rialzo dei tassi era cosa ormai imminente, c’era solo da capire di quanto sarebbero saliti. La Fed ha optato per un leggero +0,25-0,50, quasi a voler contenere le reazioni di un mondo economico dove la volatilità ormai regna sovrana. I 4500 miliardi di dollari in titoli che la banca centrale manterrà in bilancio rappresentano una garanzia che permetterà comunque agli USA di tornare padroni della politica monetaria nei prossimi anni, anche se la Yellen ha affermato che non per forza le misure ultraespansive si fermeranno qui e che l’impegno sarà sempre e comunque rivolto al combattere l’inflazione, vero crucio delle più grandi banche centrali del mondo.

Ci si chiede ora: quali saranno le reazioni del mondo economico di fronte alla tanto attesa mossa dell’economia americana? I mercati mondiali difficilmente reagiranno negativamente ad un segno evidente di rafforzamento dell’economia più forte al mondo, ma è anche vero che molto probabilmente sarà difficile un ritorno alla situazione pre-crisi, ad una situazione normale. Anni e anni di continua immissione di liquidità hanno fatto si che il sistema del debito mondiale si incrementasse ancora di più. Le misure cicliche adottate per tutto questo tempo rappresentavano un voler combattere il debito con il debito! Oggi, infatti, bolle speculative come quelle che hanno scatenato la grande recessione sono ancora presenti, anche se in numero inferiore. Il più grande pericolo viene dagli emergenti, che in questi anni hanno incrementato il proprio debito in maniera esponenziale grazie alle condizioni favorevoli del mercato. Il fenomeno di fuga dei capitali dai Paesi “in crescita” ha generato svalutazioni forti delle valute locali e di conseguenza quell’ammontare di debito diverrebbe insostenibile, specie se si pensa che la gran parte di esso è in valuta estera. Da qui derivano gravi casi di insolvenza di imprese russe, brasiliane e ultimamente pure cinesi! L’altra grande bolla deriva dal prezzo del greggio, ormai ai minimi storici, che sta esponendo tantissime società statunitensi e non del settore Oil&Gas a pericoli concreti di insolvenza. L’economia a stelle e strisce ha si dimostrato di essere ripartita con decisione e di essere ancora la prima al mondo, ma è vero anche che non mancano diversi problemi strutturali come la scarsa partecipazione al lavoro e ancora il solito problema di circolazione di crediti tossici o ad alto rischio che preoccupa non poco il complesso bancario.

Non vi è dubbio, comunque sia, che il rialzo dei tassi della Fed sia un segnale importante per tutti (o quasi) e che mercati e investitori reagiranno positivamente. Sembra però difficile che in un breve futuro si possa tornare ad una situazione normale da un punto di vista economico. Dovremo forse abituarci a considerare il basso valore delle materie prime, la bassa inflazione e in generale questo sistema all’eccesso del debito, come fenomeni strutturali, parte integrante di questa nuova economia e di questa nuova società, basate sul rischio e sulla speculazione finanziaria.

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