Ricette economiche, il nuovo ruolo degli atenei

Quello che viviamo oggi è un tempo molto particolare, di transizione, dove la società ha il compito di adattarsi ad un contesto economico, sociale, geopolitico e tecnologico totalmente diverso da appena due decenni fa. E’ forse stato questo il motivo di fondo della crisi economica e oggi sociale: la società ha corso tanto, ha progredito e noi non siamo riusciti a stare dietro a queste innovazioni. L’Italia, nazione di abitudinari di tradizione, ha subito molto l’avvento di questa “società 2.0”. Oggi ci si chiede quali siano le “ricette” economiche, politiche e strutturali per combattere la crisi e tornare finalmente a parlare di ripresa, quella vera.

Ultimamente alcuni indici sono tornati positivi; le banche hanno ricominciato ad erogare mutui, qualche investimento è ripartito, la domanda interna si è alzata, la disoccupazione è leggermente calata e in generale il PIL è tornato a salire a percentuali quanto meno accettabili. Segnali positivi come abbiamo detto, ma non è sufficiente. L’Italia è decisamente indietro rispetto ad altri big mondiali, e lo è in particolare da un punto di vista strutturale. L’innovazione, riferita ad un nuovo modo di intendere il lavoro e l’economia, stenta a decollare. Questo perchè la nostra, come già detto, è una società molto abitudinaria dove, prima che qualche grande cambiamento venga metabolizzato ci vuole tempo.

Un ruolo vitale in questa funzione di cambiamento spetta alle istituzioni pubbliche, le quali hanno il compito di coordinare questi processi innovativi creando una forte collaborazione con i privati. Specie in un Paese come il nostro, dove il tessuto economico più forte è composto dalle PMI, abbiamo bisogno di creare network, di far si che pubblico e privato si muovano congiuntamente per superare le insidie del mercato mondiale, fatto di colossi multinazionali che schiacciano la nostra imprenditoria e il nostro mercato del lavoro.

E’ necessaria dunque interazione forte e un ruolo maggiormente attvo delle istituzioni specie in quanto a politiche giovanili. I nostri ragazzi oggi come oggi non hanno un futuro in Italia; la disoccupazione giovanile è a livelli altissimi e i calcoli dell’Inps sulle pensione future certo non invogliano gli studenti a restare nella propria terra. Un Paese che voglia investire sul futuro e innovare deve ripartire dai suoi ragazzi per cosruirsi un futuro diverso. Le autorità devono adottare nuove strategie che consentano l’inserimento dei giovani nel mondo del lavoro in maniera graduale, che permettano ai ragazzi di fare esperienze lavorative in periodo di studio. Serve quello che è sempre mancato in Italia e di cui oggi abbiamo assoluto bisogno: un canale di collegamento tra scuola e lavoro. E’ troppo brusco nella nostra cultura il salto dalla laurea o dal diploma all’inserimento del mercato del lavoro. Quel che va detto è che il Jobs Act in questo senso qualcosa di buono ha fatto ma l’impressione è che ciò non sia forse abbastanza. Si torna dunque al ruolo delle istituzioni pubbliche, non solo delle politiche e in particolare si parla qui del ruolo degli atenei. La famosa Terza Missione mira proprio a creare una nuova concezione dell’università; non più centri del sapere chiusi su se stessi che si limitano a formare e improntare i ragazzi in maniera rigorosa, ma bensì poli culturali e di risorse aperti verso l’esterno, verso i mercati, verso le società. Gli atenei potrebbero oggi ricoprire un ruolo fondamentale verso questa nuova visione organica e sistemica della nostra economia verso cui dobbiamo dirigerci. Potrebbero, con il proprio portafoglio clienti e i propri rapporti istituzionali, aprirsi alle imprese italiane, creare delle partnership che permettano poi di conseguenza anche il collocamento dei giovani nel mondo del lavoro durante e dopo la laurea. Il sapere accademico e la nostra straordinaria ricerca ben si sposerebbero con il “saper fare” delle nostre PMI e le due cose potrebbero creare un connubio fortissimo all’insegna dell’innovazione e della tecnologia. L’università italiana ha quindi con la sua Terza Missione il compito di creare network permettendo nello stesso tempo lo sviluppo del nostro tessuto imprenditoriale e la crescita dei propri giovani, vero fulcro di un progetto di crescita sostenibile. Un’apertura delle accademie del sapere verso il territorio e quindi l’economia, è un compito dal quale non possiamo astenerci; è un progetto necessario che troppo ha stentato a decollare nel nostro Paese e che oggi deve essere sostenuto anche da noi studenti, con la nostra intraprendenza e voglia di fare. Gira e rigira torniamo sempre lì, nonostante il ruolo vitale delle istituzioni, siamo noi giovani i veri artefici del cambiamento, al di là di qualsiasi ricetta economica…

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