Wake me up when september ends: che ne è dell’università?

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Durante la riunione del Senato Accademico della scorsa settimana si sono discusse tematiche salienti relative alla ripresa delle attività del nostro Ateneo. I punti affrontati e i traguardi raggiunti ci offrono l’occasione per fare un bilancio, analizzando la timeline dell’università italiana durante la pandemia.

Ricapitoliamo

Si è dibattuto, in tale sede, della riapertura delle biblioteche, alle quali si potrà accedere previa prenotazione e adottando precauzioni atte ad impedire la diffusione del Covid-19. È stato affrontato il tema delle lauree per ciò che concerne la concessione di una sessione straordinaria a settembre, dedicata agli iscritti in cautelativa dell’a.a. 2019/2020, onde colmare i disagi causati dal lock-down. Infine, si conferma la modalità telematica per gli esami da svolgere nello stesso mese e, soprattutto, l’adozione della didattica mista per il prossimo semestre.

E ora?

Nonostante l’intervento chiave del Senato Accademico, numerose sono ancora le perplessità evidenziate dagli studenti e gli interrogativi aperti. In generale, i più concordano nel sottolineare un ingiustificabile lassismo da parte delle istituzioni nei confronti del tema università: perché possiamo assembrarci in discoteca, in barba ad ogni norma anti-contagio e non frequentare le aule studio? È davvero così complesso, a distanza di mesi dalla sospensione, approntare piani concreti per un ritorno alla normalità?

L’indignazione è forte e legittima, inasprita dallo stillicidio di annunci e promesse che però faticano tuttora a farsi realtà. Non desideriamo, con questo articolo, attizzare le fiamme già alte che infervorano gli animi e nemmeno contestare quanto di giusto è stato realizzato, di cui, anzi, prendiamo entusiasticamente atto: i passi compiuti sino ad ora sono il frutto della sinergica e sollecita cooperazione tra i rappresentanti e gli organi competenti. Tuttavia, è altresì doveroso, da studenti a studenti, esprimerla una così marcata amarezza: qualcuno ha mai pensato, banalmente, che tutti o quasi apprezzino il vivere in maniera epidermica l’affinarsi delle conoscenze, il “con-filosofare”, a contatto con la realtà? Inoltre, realmente si ritiene che palliativi propinati ad oltranza possano placare chi deve pagare tasse su tasse e affitto, pur non potendo disporre di servizi fondamentali?

Spesso si è propensi ad accantonare l’idea che, oltre al fertilizzare gli ingegni, l’università rappresenti un punto di incontro, esperienza, maturazione personale e collettiva unico nel suo genere. Per quanto una svolta innovativa in senso “tecnologico” fosse da tempo auspicabile, nell’ottica di una piú pervasiva garanzia del diritto allo studio, egualmente è essenziale lavorare per ripristinare presto la componente più significativa dell’apprendimento, quella umana e del confronto empirico.

Uno sguardo al presente

Malgrado le costrizioni imposte dall’emergenza, qualcosa sembra però muoversi con le primissime elezioni dell’era Covid-19 della nostra università, indette per il Consiglio di Rappresentanza del Dipartimento di Economia e Finanza. Seppure in una dinamica limitata, non si può negarne il ruolo cardine nel dare nuovo smalto alla voglia di reagire degli studenti stessi.

In un momento così pregno di desiderio di solidale riscatto, noi partecipiamo, con un programma imperniato sulla cooperazione, sia tra docenti e studenti mediante il ponte offerto dalla rappresentanza studentesca, sia tra didattica tradizionale e telematica. L’obiettivo è la realizzazione di un vero e proprio ateneo “blended”, non solo per ciò che riguarda le lezioni, bensì pervenendo al giusto mezzo tra l’innovazione e il dato esperienziale e fattuale del vivere accademico. Perché non pensare di aprire ulteriori spazi per gli studenti e, al contempo, di sviluppare persino un servizio telematico di segreteria (da affiancare a quello “standard”)?

Dunque, anziché il fuoco della polemica, crediamo che ciò conceda di alimentare un piccolo barlume di speranza: del resto, come dare torto a Pablo Neruda quando sosteneva l’ineluttabilità della primavera. Non ci resta, quindi, che resistere, per ricostruire.

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