Università, le ombre nel mondo delle tesi di laurea false

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Mentre per molti la stesura della propria tesi rappresenta il capitolo finale di un duro lavoro universitario magari durato tre, cinque o più anni, per qualcuno invece rappresenta soltanto l’ultimo impaccio tecnico-burocratico che impedisce loro di venir chiamati ufficialmente “dottori”.

Per questo i laureandi “truffaldini” pensano bene di rivolgersi a chi, le tesi di laurea, le fabbrica di mestiere.
Il carnet dei prezzi varia dagli 800-1000 euro per una tesi di 40 pagine relativa ad una laurea triennale fino ad arrivare ad oltre 2000 per una specialistica; ma le “tariffe” sono indicative, e spesso possono presentarsi aumenti che fanno lievitare i costi.

Per le università italiane questa rappresenta una piaga che, secondo quanto detto dai “falsari”, si protrae da oltre 20 anni.
Il meccanismo, ormai oliato, consiste in pagamenti cash a tesi finita con pochissime e-mail scambiate fra stesori e studenti; le poche che vengono inviate, presentano nell’oggetto sempre voci come “correzione capitoli tesi ” oppure “revisione tesi di laurea”, in modo da confondere le acque qualora la posta elettronica dovesse cadere nella rete di eventuali controlli informatici.

Le tipologie di corsi di laurea trattati sono tantissime, spaziando dalla filosofia all’economia, senza alcun limite apparente. Nemmeno quelli legali.
Infatti, la pena prevista per lo studente che compie questo tipo di reato penale può arrivare fino all’anno di reclusione, mentre chi offre il servizio ne può rischiare fino a tre, nel caso di comprovata e pregressa reiterazione dell’illecito. Ma gli “scribi” d’ateneo sono coraggiosi, spesso molto affiatati; tant’è che fioriscono letteralmente “società di consulenza” per gli studenti i cui annunci invadono le bacheche di varie università italiane.

Ma come si difendono le suddette, in merito?
Purtroppo gli unici atenei che dispongono attualmente di un software informatico “anti-plagio”, il quale analizza quante pagine della tesi sono effettivamente copiate da altre fonti esistenti, sono soltanto la “Bocconi” e la “Statale” di Milano e comunque non con una percentuale di copertura totale.
Inoltre, anche se sicuramente questo software riesce a impedire il realizzarsi dell’illecito, molti falsari hanno provveduto ad installare nei loro pc un programma analogo che, anche se non efficiente come quello in dotazione alle sopracitate università, riesce a scansionare anch’esso con una buona percentuale le pagine della tesi in elaborazione che è meglio “sostituire” perché già copiate da altri precedentemente.

Come fare  quindi, ad estirpare questo problema?
Se la tecnologia degli atenei milanesi riesce in qualche modo a lenire questa piaga, una via corretta da seguire potrebbe essere quella di potenziare ulteriormente questi strumenti mentre un maggior interessamento da parte dei docenti alle tesi “scritte” dai loro studenti, magari ponendo loro domande in un colloquio diretto più approfondite sulle fonti scelte per la ricerca, potrebbe far emergere qualche falla nell’illecito sistema.

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