#UiFlashback: 28 maggio 2016 – L’uccisione di Harambe

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Sembrava essere un sabato pomeriggio come gli altri a Cincinnati in Ohio. Quando si pensa agli zoo più rinomati d’America, ci viene subito in mente quello di San Diego. Mai e poi mai, quello della città citata poc’anzi. Eppure, gli eventi che accaddero quel giorno, ne hanno elevato lo status; non certo per la qualità o la quantità della fauna ivi presente. Lo Zoo di Cincinnati è famoso, o per meglio dire “si è reso famoso” per l’uccisione del gorilla Harambe, in quel caldo pomeriggio di fine maggio.

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Alle 4 del pomeriggio ora locale, Harambe ha cessato di vivere. Il caso ha voluto che proprio il giorno prima, egli avesse compiuto il suo 17esimo compleanno. Per un gorilla cresciuto in cattività, l’età massima è quella di 54-55 anni. La media è intorno ai 40. Harambe non è riuscito a raggiungere neanche la metà. Ammesso che, trascorrere 50 anni dietro le sbarre, a “intrattenere” un pubblico vociante possa essere una meta agognata. Fatto sta che la morte di Harambe non è stata nemmeno causate dalle condizioni disumane o perlomeno eccepibili, alle quali spesso gli animali di uno Zoo sono spesso esposti, ma è stata dovuta all’eccessiva curiosità di un bimbo di 3 anni e alla disattenzione dei suoi genitori. Quel pomeriggio, stando alle fonti locali, quel bimbo di 3 anni era riuscito a superare una recinzione di circa 1 metro, oltrepassare dei fitti cespugli, e a cadere da un’altezza di quasi 5 metri! Sarebbe bastato solamente questo a porre fine alla vita del bimbo e a farci gridare allo scandalo. Invece no, fortunatamente, il bambino era atterrato in una pozza d’acqua che in parte aveva attutito la caduta. Da qui, la situazione era andata via via degenerando: il bambino era caduto nell’ “habitat” dei gorilla. Tre ce n’erano: due femmine e un maschio. Il personale dello zoo riuscì velocemente ad allontanare le due femmine. Tuttavia, il maschio (Harambe), uno splendido esemplare di 200 kg, decise di non ubbidire. Fu l’inizio della fine. 

Nel giro di 10 minuti, Harambe cominciò sempre più ad agitarsi. Cosa ci faceva questo “estraneo” nel suo territorio? Di sicuro, le urla dei visitatori non aiutarono Harambe a calmarsi. Gli eventi precipitarono in fretta: Harambe afferrò il bambino e lo trascinò nell’acqua! Lo trascinò in lungo e in largo, finché stanco, lo attrasse a sé. Qui i pareri degli esperti si dividono: stando ad alcuni, l’atteggiamento di Harambe diventava sempre di più dominante e stava per accadere l’irreparabile. Stando ad altri, il gorilla aveva assunto un atteggiamento “protettivo”, e verso la fine si era reso conto che il bambino non rappresentava “una minaccia”. Cosa stesse pensando Harambe in quel momento, per davvero, non lo sapremo mai. Ciò detto, quel che avvenne pochi attimi dopo ce lo ricorderemo per sempre: i funzionari dello Zoo decisero di passare all’azione. Senza neanche pensarci due volte, decisero di abbattere Harambe. Un singolo colpo di fucile pose fine alla sua vita. Giacché, in quel momento, il bimbo era sempre a stretto contatto con il gorilla, cosa sarebbe potuto succedere se avessero mancato il colpo o sbagliato la mira?  E perché fu esclusivamente Harambe a pagare per questa situazione di cui lui non era il diretto responsabile?

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La storia di Harambe si conclude qui. Tuttavia, qualcosa di strano avvenne nei giorni seguenti la sua prematura scomparsa. Da quel giorno Harambe è diventato uno dei trend più discussi del web! Nei successivi tre mesi, ci furono dibattiti tra esperti (e non) sull’argomento in tv. Ma la cosa più bizzarra, è che Harambe è diventato un vero e proprio idolo del web americano (e non solo) tramite i memes. Inoltre, è stato “premiato” meme dell’anno nel 2016. Molti di questi memes, purtroppo, si prendono gioco di lui, ritraendolo come un semidio, o come un fantoccio (“just a gorilla”). Altri, invece, inneggiano a varie teorie del complotto, come quella che vede Bush jr. (all’epoca governatore) rendere visita alla mamma di Harambe, Kayla in Texas, associando l’idea che Harambe sapesse tutto sui fatti dell’11 settembre 2001.

Insomma, poteva essere un’ottima occasione per discutere e trattare temi delicati, che non dovrebbero stare a cuore solamente agli animalisti, e invece, come sempre, si è persa l’ennesima opportunità per dire e FARE la cosa giusta sulla condizione degli animali nei cosiddetti “bio parchi”.

Di sicuro, se c’è una morale di questa storia, è che la figura di Harambe è associata a tutto, ma veramente tutto, tranne che a quella di un gorilla.

Articolo di Romain Iovinelli

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