#UiFlashback: 15 Aprile 1989 – La Protesta di Piazza Tienanmen

Dal 15 Aprile 1989 numerosissimi studenti, intellettuali e operai iniziarono a darsi appuntamento a Pechino per portare avanti una protesta che durò ben 50 giorni. Gli eventi che seguirono influenzarono il Mondo intero.

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Foto della protesta. Per più di un mese studenti, intellettuali e lavoratori si diedero appuntamento presso Piazza Tienanmen.

La Morte di Hu Yaobang

Hu Yaobang moriva il 15 Aprile per un arresto cardiaco. Si trattava di un popolare politico riformista che negli anni ’80 è stato un alto funzionario del partito comunista ma che tuttavia i suoi oppositori di stampo più conservatore avevano allontanato dagli incarichi pubblici. Come politico aveva promosso importanti riforme economiche e politiche, cercò di attuare l’autonomia del Tibet e la riabilitazione di personaggi politici considerati dal regime come scomodi. Egli stesso, divenuto il Presidente del Partito Comunista Cinese, decise per l’abolizione di tale posizione autoritaria al fine di ristabilire quella più moderna di Segretario Generale di partito.

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16 Giugno 1986. Hu Yaobang, allora il Segretario Nazionale del Partito Comunista Cinese, ripreso durante una conferenza stampa all’ingresso del Palazzo dell’ Eliseo di Parigi.

Le Richieste degli Studenti

Nei giorni seguenti alla sua morte gli studenti iniziarono ad incontrarsi per rendergli omaggio presso la “porta della Pace Celeste“, ossia la traduzione di Piazza Tienanmen, dove la porta in questione separa la piazza antistante dalla Città Proibita. In particolare il 17 aprile venne organizzata una marcia in suo onore durante la quale una nutrita folla composta da diverse centinaia di giovani deposero una corona al Monumento agli Eroi Rivoluzionari del Popolo. Per l’occasione i ragazzi tennero dei discorsi pubblici nei quali chiesero maggiore libertà di parola, libertà economiche e leggi atte ad ostacolare la corruzione.

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La “porta della Pace Celeste” attraverso la quale si entra nella Città Proibita, ossia il palazzo imperiale delle dinastie Ming e Qing.

Tali richieste non sono passate inosservate, in particolar modo tra i membri conservatori del partito che erano avversi alla figura di Hu. La stessa massima leadership di partito era divisa tra coloro che vedevano gli studenti come esempio e come patrioti, e quelli che li vedevano come una minaccia al regime. Nei giorni successivi le manifestazioni si diffusero a macchia d’olio, coinvolgendo centinaia di città in tutta la Cina.

La Questione dei Funerali

La protesta ebbe inizio in modo relativamente pacato. Da una parte era spinta dal cordoglio nei confronti di un grande uomo, un politico riformista meritevole ma ingiustamente messo in disparte dalla politica. Dall’altro dalla mancata risposta delle autorità alle legittime richieste degli studenti. Il Partito inoltre non aveva preso una posizione ufficiale nei confronti di Hu: i suoi avversari conservatori spingevano al fine di screditarne pubblicamente l’operato e di dimenticarlo il prima possibile, mentre cresceva nell’opinione pubblica un nuovo sentimento nazionale rappresentato soprattutto dagli studenti: la volontà di riformare la Cina verso un grande stato moderno, quello di celebrare pubblicamente la figura politica e le idee riformatrici di Hu tramite solenni funerali di stato.

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Un ritratto dell’ex leader del Partito Comunista Hu Yaobang
all’Accademia Centrale di Belle Arti di Pechino.

Seppure vennero raggiunti accordi funerari relativamente sommessi, il 22 aprile oltre 50.000 studenti marciarono verso Piazza Tienanmen per partecipare ai funerali di Hu dove consegnarono una lettera di petizione indirizzata al Premier Li Peng. Molte persone erano insoddisfatte della lenta risposta del partito e il lutto, che veniva celebrato presso tutte le strade del paese ma che a Pechino era raccolto soprattutto presso il Monumento agli Eroi del Popolo in Piazza Tiananmen, rappresentava per i partecipanti una importante valvola di sfogo. Durante tutta la settimana il popolo aveva percepito il crescere della distanza del governo dalle richieste degli studenti. Nonostante la straordinarietà dell’evento i media ufficiali ricevettero l’ordine di ignorare la protesta. Per questo motivo gli studenti risposero proclamando uno sciopero generale all’Università di Pechino.

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La fola raccolta in ascolto durante le giornate di protesta.

I Media e la Propaganda

Se da un lato il governo continuava ad ignorare le richieste degli studenti, alle fila dei manifestanti si aggiungevano anche movimenti operai e intellettuali. Il loro intento era volto soprattutto a supportare la figura di Hu in modo del tutto pacifico. Tuttavia i media ufficiali iniziarono a dipingere i manifestanti come soggetti violenti ed immorali, fino ad invocare il pronto intervento del governo. In un editoriale del Quotidiano del Popolo del 26 Aprile, comunemente attribuito al nuovo Segretario Generale Deng Xiaoping, gli studenti venivano accusati di complotto e di fomentare agitazioni di piazza ai danni dello stato. Dopo le prime notizie di scontri con la polizia gli studenti si resero presto conto di essere vittime della propaganda imposta dal governo. Eppure, nonostante la forte pressione mediatica, le fila dei manifestanti continuavano a crescere di giorno in giorno.

Il 27 aprile altre 50.000 persone invasero le strade di Pechino ignorando le minacce di repressioni da parte delle autorità. La richiesta comune era quella che terminasse l’azione di propaganda del governo a discapito dei movimenti riuniti e che il partito comunista seguisse finalmente le linee guida illustrate da Hu Yaobang.

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La foto simbolo della protesta: Il Rivoltoso Sconosciuto (The Tank Man).
Un ragazzo disarmato ferma un convoglio di carri armati.

La Repressione

13 maggio gli studenti iniziarono uno sciopero della fame in vista dell’approvazione di una legge marziale che il governo stava varando al fine di applicare la forza per uscire dalla situazione di stallo che si era generata. Con questa stessa legge il governo autorizzò lo sgombero della piazza avvenuto nella notte tra il 3 ed il 4 giugno.

Secondo la narrazione di John Gittings, allora corrispondente cinese del “The Guardian“, nelle prime ore del 4 giugno, le truppe cinesi hanno lanciato un attacco su due fronti dall’est e dall’ovest di Pechino con l’ordine di reprimere le proteste. Centinaia di camion dell’esercito si spostarono lungo il viale principale di Pechino da ovest mentre i soldati a piedi sparavano per uccidere da entrambe le parti. Le auto blindate e i carri armati hanno anche sfondato le barricate dei cittadini a est. Gli spari sono stati ascoltati per tutta la notte. Una quarantina di operai che andarono a supplicare i soldati furono uccisi. “Quando un governo usa carri armati per dichiarare guerra alla sua gente, tutto è possibile e la gente ora lo sa”. Il 5 giugno, un giovane non identificato stava di fronte a un convoglio di carri armati che lasciava Piazza Tienanmen, in un ultimo atto di sfida. La foto di questa scena fece subito il giro del mondo e divenne il simbolo della Protesta di piazza Tienanmen.

Conclusioni

Ancora oggi non si conosce il numero effettivo di morti causate dalla repressione. Secondo una messaggio datato il 5 giugno 1989 e rimasto segreto fino a dicembre 2017, l’allora ambasciatore britannico a Pechino, Sir Alan Donald, scriveva che l’esercito cinese ha ucciso almeno 10.000 persone. Questo bilancio delle vittime è molto più alto delle stime precedentemente normalmente citate, che variavano dalle poche centinaia contate dal governo cinese a circa le 2.600 denunciate dalla Croce Rossa internazionale. Secondo quest’ultima tuttavia il conteggio dei feriti superava le 30.000 persone. Tutto il mondo ebbe modo di vedere la repressione del governo cinese. Manifestazioni di protesta iniziarono a diffondersi al di fuori della Cina e tale nuovo movimento contribuì alla dissoluzione dell’Unione Sovietica, la caduta del Muro di Berlino e la fine della guerra fredda.

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