Lean Startup Program, si avvicina il Pitch Day!

Con l’incontro di questo 21 Aprile possiamo dirsi ufficialmente chiusa la così detta “Development Phase” del Lean Startup Program, ossia le quattro lezioni in cui gli aspiranti startuppers hanno potuto sviluppare, testare e ricalibrare il proprio progetto d’impresa prima dell’inizio dell’ultima sessione di incontri preparatori al fatidico Pitch che si terrà verso la metà di Maggio.

In questi quattro incontri, i ragazzi di Peekaboo ci hanno aperto uno scorcio su elementi fondamentali per trasformare una “visione” in una realtà imprenditoriale concreta; e ne è un esempio la Brand Identity, ossia la sommatoria di fattori visivi/percettivi che fanno reputare il nostro brand come qualcosa di valore, oppure no, da parte del pubblico al quale vogliamo rivolgerci.
Ma a capire il potenziale della nostra idea non dovrà essere, chiaramente, solo quella fetta di mercato che vogliamo andare ad accaparrarci ma anzi, per giungere a questo risultato è necessario che il valore aggiunto del nostro progetto venga colto in primis dagli investitori; e quale prospetto migliore del business plan può offrire i giusti contenuti numerici per far comprendere a quest’ultimi verso quali grandezze economiche vogliamo far convergere il nostro business?

Capite quindi le linee basilari per poter redigere con correttezza un business plan, ha assunto particolare importanza per gli organizzatori del Lean Startup Program farci comprendere l’importanza della fase di Project Management, che tradotto in altri termini significa tutti quei processi da compiersi, rispettando vincoli economici, temporali e qualitativi, affinché possano essere progettati e realizzati determinati obiettivi nell’ambito di un progetto imprenditoriale.
Ma svolte le fasi di “costruzione” del nostro modello di startup, non possiamo quindi a questo punto non sottolineare quanto sia importante il così detto minimo prodotto fattibile per chi abbia intenzione di investire risorse monetarie nel nostro business;  esso è nientemeno che il nostro “prototipo” di bene o servizio, prodotto in un’ottica di minimizzazione di costi, che siamo intenzionati a lanciare sul mercato. Altrimenti in cosa dovrebbero investire i nostri finanziatori!?

Entrando ancor di più nell’ottica startup, importanti chiarimenti in merito sono stati dati riguardo alla sempre più ricercata, soprattutto in Silicon Valley, figura del growth hacker.
Chi si occupa del growth hacking all’interno di una nascente impresa, coniuga un mix di tecniche proprie sia del marketing che dell’ingegneria, e si prefigge fondamentalmente un unico scopo, come d’altronde suggerisce il suo nome: crescita, forsennata crescita e in tempi rapidissimi.
Basta dire che un’azienda consolidata può considerarsi molto forte se in un anno questa riesca a crescere del 5-6%; questa percentuale, trasposta in una startup, è necessario che sia settimanale se essa vuole rimanere a galla nel mercato.
In questo ambito però, trattiamo di una crescita che avviene soprattutto nel canale socio-digitale per la neo-azienda, ad esempio sfruttando l’importante strumento delle landing pages, perché l’obiettivo del growth hacker è  infatti l’aumento del traffico web sulle pagine di riferimento dell’impresa cercando di trasformare quanti più visitatori possibili in utenti registrati.

Con la lezione del 26 Aprile, infine, partirà dunque l’ultimo ciclo di incontri preparatori al pitch che, affinché sia perfetto, ci è stato consigliato dai ragazzi di Peekaboo di seguire gli importanti consigli di Guy Kawasaky, personaggio che potremmo definire tranquillamente un guru della Silicon Valley.
Il “perfect pitch” passa dunque per le “10-20-30 rules” enunciate dal suddetto, ovvero l’esposizione in 20 minuti con 10 slides dal font di grandezza 30 del proprio progetto d’impresa; ma tutti gli approfondimenti di questa importantissima fase li scopriremo meglio nel corso delle prossime lezioni.
Alla prossima!

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